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Venerdì scorso, di fronte ad altri luminosi esploratori evoluzionari, ho contattato quella trasformativa energia neutrale chiamata Rabbia, di cui tante volte ho avuto paura, e che tante volte ho nascosto perché mille motivi sociali ed educativi mi suggerivano essere una parte negativa di me, indesiderata e da dimenticare, e l’ho usata con orgoglio e onore come un guerriero usa la sua spada per delimitare dove la sua vita può esistere, e con lei ho dichiarato indietro la mia Autorità.

La mia autorità di scrivere, che avevo soffocato tutte quelle volte che ho scritto delle mie passioni e mi dicevano “sei esagerata, non si può sentire così”.
Ho ripreso indietro la mia autorità di scrivere il mio sentire, che nessuno può limitare né commensurare, di essere esagerata, non capita, di navigare nel mio infinito spazio interiore dove le emozioni sono enormi, coloratissime, incontenibili!
Di scrivere col cuore, scrivere sull’amore, di scrivere anche se nessuno mi leggesse mai, anche se non sono pubblicata, scrivere per me ed anche scrivere per gli altri!
Mi sono ripresa l’autorità di essere letta.

Mi sono ripresa l’autorità di essere Donna. Non donna in quanto non-uomo, non donna in quanto meno-uomo, né più-di-un-uomo. Donna.
Bella, gioiosa, saggia, madre, compagna, amica, amante, figlia, divina espressione, in contatto con Dio, sciamana del paese, guida della tribù, che parla calma tra il vociare dei bambini e ritorna alla sua tenda la sera per sdraiarsi accanto al suo uomo e lì è ancora donna.

Mi sono ripresa l’autorità di dare un nuovo significato alla parola LAVORO, perché lavoro è ciò per cui sono venuta al mondo, non è ciò che gli altri si aspettano da me. E’ ciò che ho da completare qui e per cui mi sono incarnata, è l’essere al servizio, è ciò che è la mia scelta. E’ la trasposizione del mio sentire, del cuore, delle doti, in una manifestazione materiale.
L’avevo lasciata indietro, nascosta sotto all’immagine con cui me lo avevano dipinto: il lavoro come sacrificio, che nessuno riesce a scegliere per amore. Il lavoro da cui non aspettarsi soddisfazioni, quello che fai per la famiglia e poi se avrai del tempo che ti avanza, e non sarai ancora troppo stanca, potrai dedicarti al tuo passatempo di essere in parte brevemente felice, di sognare, e giocare un pò per crearti l’illusione.
Perché lavoro, così come me l’avevano dipinto, non coincide con il piacere, ma solo con il bisogno di portare a casa i soldi per mangiare e soddisfare le esigenze della famiglia. Mi sono ripresa l’autorità di fare di ciò che amo il mio lavoro.

Mi sono ripresa l’autorità di essere indecisa, spaventata o stanca, perché l’avevo lasciata indietro impigliata all’idea di dovermi dimostrare perfetta per essere inattaccabile, splendente per non dare fastidio con la mia presenza, smagliante per non dovermi prendere la responsabilità dei miei fallimenti. Mi sono ripresa l’autorità di essere un Essere Umano, di scendere e risalire sull’altalena dell’energia, in quella che è la respirazione naturale della vita.
Di gioire, di cambiare opinione, di sbagliare, di invertire la rotta, di fare giusto, di essere vulnerabile, di essere autentica.

Mi sono ripresa l’autorità di innamorarmi, di amare con tutto il cuore, di baciare, di essere baciata, perché l’avevo lasciata indietro, accasciata a terra dove per l’ultima volta mi ero innamorata e mi avevano ferita, ed avevo ferito a mia volta, e avevo lasciato che tutto quell’amore s’innalzasse così in alto per cadere e sfracellarsi al suolo senza più rialzarsi.
Ma ora gli ho porto la mano, e ho risollevato la mia autorità di amare oltre ogni limite.

Mi sono ripresa la mia autorità di stare nel piacere. Di sorridere. Di ricominciare a volare.
Mi sono ripresa la mia autorità.

E tu, quale Autorità ti vuoi riprendere?